La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19363/2024, torna ad affrontare il tema della tassazione in capo ai collezionisti d’opere d’arte, confermando l’ormai consolidata posizione giurisprudenziale che si basa sulla distinzione tra “mercante d’opere d’arte”, “collezionista puro” e “collezionista speculatore occasionale”.
A quest’ultimo caso – del collezionista speculatore occasionale – è stata ricondotta la fattispecie oggetto della pronuncia, relativa alla cessione di un Monet da parte di un privato con la realizzazione di una plusvalenza milionaria, tassata come attività commerciale occasionale ex art. 67, co. 1, lett. i), del TUIR.
Secondo i giudici di legittimità, nel caso di specie, l’intento speculativo sarebbe emerso da elementi quali l’aver incaricato della vendita una casa d’aste, l’aver concesso in passato l’opera in esposizione a musei, l’ingenza della plusvalenza realizzata e l’aver effettuato operazioni similari in periodi antecedenti e successivi.
Le ragioni che hanno portato la Corte a propendere in favore delle contestazioni mosse dall’Agenzia delle Entrate si prestano a diverse obiezioni e fanno emergere più che mai l’aleatorietà che caratterizza la valutazione circa l’imponibilità di simili fattispecie. Infatti, tale imponibilità dipende da presunzioni semplici, apprezzabili di volta in volta dal giudice, che espongono, tra l’altro, il contribuente al rischio di integrazione di reato, qualora vengano superate le soglie di rilevanza penale che caratterizzano alcuni illeciti fiscali.
In proposito, considerando il nuovo paradigma normativo contenuto nella legge delega per la riforma fiscale (L. 111/2023), conforta la volontà del legislatore di discostarsi dall’indagine dell’elemento soggettivo di tali fattispecie, privilegiando parametri oggettivi per la valutazione dell’imponibilità di ciascuna operazione.
Come emerge dalla Legge delega n. 111/2023 e dalla Relazione illustrativa, l’obiettivo è quello di predeterminare le ipotesi nelle quali è assente l’intento speculativo e, dunque, la plusvalenza non è mai imponibile: si tratta della vendita di beni acquisiti per successione o donazione, della permuta di opere d’arte e delle cessioni la cui plusvalenza venga reinvestita entro un certo termine per acquistare nuovi oggetti d’arte.
Proprio a questa terza ipotesi, nel giudizio della pronuncia in esame, il contribuente riteneva riconducibile la propria cessione del Monet, senza però trovare accoglimento da parte della Corte.