Il credito per le imposte pagate all’estero sui dividendi percepiti da persone fisiche residenti al di fuori del regime d’impresa è un tema di grande rilevanza nella fiscalità internazionale. La recente Norma di comportamento n. 227, emessa dalla Commissione Norme di comportamento di Aidc Milano, chiarisce le condizioni necessarie per il riconoscimento di tale credito:
- la normativa italiana prevede obbligatoriamente l’assoggettamento ad imposizione sostitutiva;
- la convenzione contro le doppie imposizioni applicabile non consente all’Italia di negare tale credito.
Questa interpretazione nasce da una lettura approfondita degli articoli 18 e 165 del TUIR, che vengono armonizzati con le disposizioni dei trattati internazionali.
Giurisprudenza e interpretazioni
La norma di comportamento si basa su un orientamento consolidato della Corte di Cassazione, a partire dalla sentenza n. 25698/2022 fino alla più recente n. 10204/2024, la quale ha chiarito che, in presenza di determinate condizioni, è legittimo l’utilizzo in compensazione del credito per le imposte pagate all’estero sui dividendi erogati da società ed enti residenti in altre giurisdizioni.
Il caso esaminato dalla Corte nella sentenza n. 25698/2022 riguardava un contribuente italiano che aveva dichiarato l’imposta sostitutiva del 12,50% sui redditi di capitale di fonte estera, percepiti in quanto titolare di una partecipazione non qualificata in una partnership statunitense. Il contribuente non aveva versato l’imposta sostitutiva, ritenendo legittimo compensarla con il credito d’imposta derivante dalla tassazione subita negli Stati Uniti. A seguito di un controllo automatizzato, l’Amministrazione finanziaria aveva proceduto all’iscrizione a ruolo dell’omesso versamento, con conseguente notifica della cartella di pagamento, tempestivamente impugnata. La Cassazione, sulla base dell’articolo 23 del Trattato con gli Stati Uniti che non prevede nessuna deduzione se “l’elemento di reddito sia assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta su richiesta del beneficiario di detto reddito in base alla legislazione italiana”, ha concluso che l’imposta sul reddito pagata negli Stati Uniti è detraibile se l’imposizione sostitutiva non avviene su richiesta del beneficiario del reddito, ma in seguito all’impossibilità di optare per l’imposizione ordinaria.
Un’ulteriore conferma di tale interpretazione deriva dalla differente formulazione dell’articolo 23 contenuta in altri accordi bilaterali, che prevedono espressamente situazioni in cui l’Italia può negare il credito d’imposta. Questo rafforza l’argomentazione secondo cui, laddove il trattato specifico non contempli tali esclusioni, il diritto al credito è garantito.
Implicazioni pratiche
In considerazione del fatto che i modelli dichiarativi non consentono l’esposizione di tale credito, per ottenere il riconoscimento dello stesso, i contribuenti devono presentare un’apposita istanza di rimborso, allegando tutte le evidenze documentali che dimostrino l’assolvimento dell’imposta estera in via definitiva. Questo processo deve rispettare i termini di decadenza previsti dall’art. 38 del DPR 602/1973.